Sembra un giorno di festa a Bologna il 31 Ottobre 1926. Benito Mussolini è andato ad inaugurare lo Stadio Littorio, che è il Dall’Ara che conosciamo ancora adesso, e in centro si celebra il quarto anniversario della marcia su Roma.

Tra la folla venuta ad acclamarlo ci sono due personaggi importanti: c’è un tenente di fanteria che si chiama Carlo Alberto e un ragazzo che non ha ancora compiuto sedici anni che si chiama Anteo.

Il ragazzo all’improvviso tira fuori una pistola e spara verso la vettura scoperta che sta portando Mussolini in stazione. Lo manca per un soffio.

Il tenente Carlo Alberto, che di cognome fa Pasolini ed è il padre del più famoso Pier Paolo, si gira e vede Anteo con la pistola in mano. Riesce a prenderlo, lo blocca.

Ma gli squadristi glielo strappano dalle mani e lo linciano. Lì, in mezzo alla folla, come un esorcismo collettivo. Lo uccidono con quattordici coltellate e lasciano il corpo deturpato nel centro di Bologna, in piazza del Nettuno.

Il ragazzo è figlio di un ex anarchico e nipote di una zia celebre per il suo antifascismo, quindi viene ritenuto anche lui un anarchico.

Ed essendo così giovane tutta la sua famiglia viene accusata di averlo fomentato a compiere il gesto. Il padre, la zia e i due fratelli verranno condannati a trent’anni di carcere, ma verranno poi graziati per intervento diretto di Leandro Arpinati, gerarca fascista ex anarchico.

E dopo l’attentato il fascismo comincerà a mostrare il suo vero volto verso gli oppositori politici, con la promulgazione delle leggi fascistissime.

“Come Anteo Zamboni
antifascista a sedici anni
a volte una pallottola
può spodestare i tiranni”

Fronte Unico, L’ultimo respiro fa da testamento

Vi aspettiamo domani alle 8:00, qui su questo sito e su tutte le piattaforme digitali per la quinta puntata di Se un ribelle spento.

Se un ribelle spento passa il testimone
siamo pronti a prenderlo?

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