Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano i colpevoli perfetti per un duplice omicidio negli Stati Uniti del 1920. Perché erano migranti italiani (basta pensare a come anche noi oggi abbiamo questi pregiudizi sui migranti che arrivano nel nostro paese) e soprattutto perché erano anarchici.

Arrestati e processati, dopo la loro condanna alla pena di morte sorgono spontaneamente comitati per la loro difesa in ogni parte del mondo: le ambasciate statunitensi ricevono tonnellate di lettere e telegrammi, dall’America latina all’Europa scoppiano disordini durante le manifestazioni di protesta, mentre appelli di intellettuali di vari paesi piovono a Washington e a Boston. Tra gli altri, si mobilitano e scrivono articoli di protesta personaggi del calibro di Albert Einstein, George Bernard Shaw, John Dos Passos, Romain Rolland…

Gli avvocati presentano istanza per un nuovo processo, ma il giudice respinge la richiesta.

Respinge la richiesta anche quando un detenuto portoghese, Celestino Madeiros, dice a Sacco che ha partecipato alla rapina dove è stato compiuto il duplice omicidio e che è disposto a confessare.

Anche quando le ricerche dell’avvocato Thompson, legale di Sacco e Vanzetti, lo portano a una banda di italoamericani, di cui il capo, Joe Morelli, è del tutto simile a Nicola Sacco.

Il 9 Aprile 1927 viene respinto anche l’ultimo appello. Bartolomeo Vanzetti, che nel frattempo ha imparato perfettamente la lingua inglese, conclude così la sua dichiarazione:

“Non auguro a nessuno, neppure al piu miserabile nemico, le sofferenze che mi sono toccate per colpe non commesse. Certo, ho altre colpe. Subisco tutto questo perché sono anarchico, e perché sono un italiano. Ma se voi poteste mandarmi a morte due volte, e per due volte tornassi a vivere, rifarei esattamente ciò che ho fatto finora”.

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sono stati uccisi dallo Stato Statunitense perché anarchici e perché immigrati italiani. Le ricerche che avverranno negli anni successivi dimostreranno la loro completa estraneità ai fatti.

I due anarchici italiani erano colpevoli di essere agitatori, di lottare per avere condizioni di lavoro più eque, un salario più alto. Volevano solo un mondo migliore, per loro, per le loro famiglie e per gli immigrati di ogni nazionalità che lavoravano nelle fabbriche di Boston.

Condannati solo perché i colpevoli ideali, da additare all’opinione pubblica come il nemico. Una pista anarchica che è stata esportata con successo anche in Italia, che negli anni l’ha sempre battuta come prima soluzione in tutti i casi polizieschi anche solo labilmente politici, esattamente come per la strage di Piazza Fontana.

La storia di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sarà online domani dalle 8:00 qui su Se un ribelle spento e su tutte le principali piattaforme di podcast.

Se un ribelle spenta passa il testimone, siamo pronti a prenderlo?

Fronte Unico, L’ultimo respiro fa da testamento

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