C’è una foto che in tanti ricordano, diventata famosa e che nessuno una volta vista dimentica mai. In questa foto in bianco e nero un AK-47, un fucile mitragliatore di fabbricazione russa ideato da Kalashnikov, da cui spesso prende il nome, occupa tutta la diagonale della fotografia, dall’angolo in basso a sinistra a quello in alto a destra.

Lo impugnano due braccia coperte a metà dalle maniche di una camicia scura arrotolate sui gomiti.

Il volto del soggetto di questa foto è concentrato, sta mirando a qualcosa ed è pronto a sparare. Ma non ha il volto di un criminale, non sembra un assassino e nemmeno un soldato. Porta gli occhiali, e ha dei capelli corti che cominciano ad ingrigire, acconciati come andava in quegli anni, i primi anni Settanta, soprattutto in Sud America.

Siamo in Cile, nella capitale Santiago, ed è l’11 Settembre 1973. Prima dell’11 Settembre 2001 è una data storica in America. Perché in Cile stanno facendo un colpo di Stato per deporre il presidente in carica e il suo governo socialista. A comandare il colpo di Stato è un generale, si chiama Augusto PInochet, e negli ultimi mesi ha portato il Cile sull’orlo di una guerra civile. Scioperi, un altissimo tasso di inflazione ma soprattutto la mancanza di materie prime dovute al boicottaggio degli Stati Uniti d’America hanno aumentato le fila degli oppositori di Allende. Boicottaggio che peraltro serviva proprio a far deporre Allende e a instaurare una dittatura.

Pinochet marcia su Santiago, bombarda La Moneda, il palazzo del governo, e arresta o uccide tutti gli oppositori del Golpe che cercano di fermarli. 11 Settembre 1973.

Mentre il generale Pinochet avanza verso il palazzo, il presidente del Cile, Salvador Allende, fa un discorso alla radio. Dice:

«È possibile che ci annientino, ma il domani apparterrà al popolo, apparterrà ai lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. […] Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore.»

Finito il discorso il presidente si rinchiude all’interno degli uffici della Moneda insieme alla sua guardia personale, la sua segretaria che si chiama Miria Contreras e un uomo che sarebbe poi diventato un futuro scrittore, Luis Sepulveda.

Nonostante cerchino di organizzare la sua fuga, il presidente non vuole scappare.

Non ha mai usato un’arma, ma ne ha una in ufficio, un fucile mitragliatore AK-47, che molti chiamano Kalashnikov per il nome del suo inventore. Gliel’ha regalato un suo amico, che si chiama Fidel Castro.

Lo imbraccia, va a una finestra, e mira. Perché il soggetto di quella foto che abbiamo visto prima è proprio lui: Salvador Allende, presidente del Cile.

La musica di questa puntata

Talco

l primo brano di questa puntata si chiama 11 Settembre 1973, dei Talco, gruppo patchanka di Marghera, dall’album Tutti assolti del 2004, che cerca di ricostruire i fatti di quel giorno.

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Edoardo De Angelis

Il cantautore romano Edoardo De Angelis ha pubblicato nel 2020 una raccolta dei suoi brani con cinque inediti. Tra questi ce n’è una recitata dall’attore Marco Paolini che si chiama Cinque Parole.

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Modena City Ramblers

La Carretera Austral è una strada di ghiaia di circa 1000 km costruita nel 1979 dal regime militare di Pinochet che parte da Puerto Monti ed arriva fino all’estremo sud patagonico del Cile; una strada completamente inutilizzabile che serviva per spostamenti militari a salvaguardia della frontiera cileno-argentina. È anche il titolo di una canzone dei Modena City Ramblers, dall’album Radio Rebelde del 2002.

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Ana Tijoux

Chiudiamo proprio con il brano Cacerolazo di Ana Tijoux, artista francese di Lille figlia di due genitori fuggiti dal Cile durante la dittatura di Pinochet. Il testo dice: “Non sono trenta pesos, sono trent’anni. La costituzione, i perdoni affrettati. Con pugno e cucchiaio di fronte all’apparato e a tutto lo Stato. Cacerolazo!”

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